SINTESI
La tecnica criochirurgica prevede l’inserzione nella prostata di sottili aghi, detti criosonde, inseriti nella prostata per via transperineale (tra scroto e ano) sotto guida ecografica. La procedura é simile a quella di una biopsia prostatica. L'intervento generalmente dura circa 60 minuti. L’anestesia può essere locale, spinale o generale. Il ghiaccio che si forma attorno alle criosonde innesca meccanismi apoptotici e di necrosi controllata nei tessuti malati. Al termine della procedura, il paziente è sottoposto a degenze brevissime (di qualche ora, raramente una notte).
INFORMAZIONI GENERALI
La prostata è una ghiandola fibromuscolare di forma piramidale dell’apparato genitale maschile. Solitamente non pesa più di 20 grammi e i suoi lati non superano i 3-4 cm. Il suo ruolo principale è quello di produrre il liquido seminale, indispensabile per la costituzione dello sperma e la sua efficacia.
Attualmente è l’organo maggiormente colpito da patologie gravi come i carcinomi, di cui trattiamo in questa sezione e meno gravi, come l’Iperplasia Prostatica Benigna (Adenomatosi Prostatica o IPB) e infezioni derivanti dalle vie urinarie, che trattiamo nella sezione Urologia. Fortunatamente però è situata a 5 cm circa dall’ano, fra retto e vescica e risulta quindi facilmente indagabile.
Diagnosi
L’Antigene Prostatico Specifico è stato per anni l’unico indicatore di cancro alla prostata: a livelli alti seguiva un iter diagnostico relativamente lungo che generalmente terminava con l’asportazione chirurgica della prostata o di una sua parte (prostatectomia radicale o parziale); questo genere di operazione generalmente comportava alte percentuali di impotenza, disfunzione erettile e disturbi legati alla minzione. Oggi si sa che la produzione dell’antigene può essere causata anche da altri fattori, come un ingrossamento benigno che non richiede l’asportazione (Vedasi: link interno all’articolo del prof. Ablin), prostatiti, attività sessuali recenti come anche attività diagnostiche recenti (cistoscopia, biopsia, colonscopia).
Da recenti stime, circa 180.000 americani hanno avuto una diagnosi di cancro alla prostata nel 2016 e più di 3.300.000 uomini stanno convivendo con la stessa malattia negli USA. La necessità di migliorare le capacità di diagnosi ha portato all’introduzione della risonanza magnetica multiparametrica (MP MRI), ad una più accurata classificazione delle stratificazioni di rischio (Gleason Score, PSA, Stadio Tumore) e alla biopsia a fusione di immagini1; quest’ultima è svolta da un’apposita apparecchiatura ambulatoriale che unisce le immagini della Risonanza Magnetica (RM o MRI) con le immagini ecografiche campionate sul momento della biopsia allo scopo di creare un fedele modello in 3D dell’organo del paziente. Lo studio delle immagini della risonanza permette di identificare le Regioni di Interesse diagnostico (ROI), ricrearle sul modello 3D e, grazie a un sistema di puntamento elettromagnetico, dirigere l’ago da biopsia esattamente nelle ROI2,3.
Terapia
Il cancro alla prostata (CP) è la malattia più comune diagnosticata negli uomini e risulta la seconda causa di morte legata al cancro nei paesi industrializzati con circa il 20-30% di ricadute5. Sia le visite urologiche annuali che l’analisi del sangue per il rilevamento del PSA sono le principali armi che abbiamo per accorgerci in tempo della malattia e avere così un’altissima possibilità di guarigione.
Sia il tumore sia l’adenomatosi (IPB) sono oggetto di rimozione chirurgica tradizionale, ma possono essere, e dovrebbero essere5,6, trattate con altri sistemi mini-invasivi fra i quali la crioablazione4 soprattutto quando le tecniche chirurgiche tradizionali (a cielo aperto e laparoscopiche) così come le robot-assistite, sono considerate tra loro comparabili
Quest’ultima tecnica in quanto considerata promettente (17) è stata migliorata negli anni tanto da permettere terapie focali8,29 e tanto da competere con, o superare, le altre tecniche in diverse situazioni, il tutto a vantaggio dei pazienti che possono così beneficiare di numerose tecniche mediche valide, consolidate e più vicine alle loro esigenze.
La tecnica criochirurgica prevede l’inserzione nella prostata di sottili aghi detti criosonde. Si procede per via transperineale (tra scroto e ano) sotto guida ecografica, seguendo un iter simile a quello di una qualsiasi biopsia prostatica. La durata di un intervento varia di caso in caso ma, generalmente dopo l’anestesia, che può essere locale, spinale o generale, dura meno di 40 minuti; il ghiaccio che si forma attorno alla criosonda innesca meccanismi apoptotici e di necrosi controllata nei tessuti malati portandoli a morire irreversibilmente. Al termine della procedura, il paziente è sottoposto a degenze brevi (di qualche ora o al massimo una notte). Per alcuni giorni viene inserito un catetere per agevolare lo scarico dell'urina dalla vescica.
Esperienza generale ed indicazioni:
- risulta essere l'approcio più efficace per subentrare alla radioterapia fallita (19), (21), (23), (24), (25), (26), (28);
- garantisce risultati sensibili nei casi a elevata comorbidità che non rendono il paziente eleggibile per altre metodiche (21);
- è la prima scelta nei casi di tumori considerati a basso rischio e quindi da non rimuovere subito, ma piuttosto da monitorare nel tempo per la medicina tradizionale, qualora si prefersica un approcio interventistico (22);
- può in alcuni casi ritardare la necessità della terapia a deprivazione di androgeni sia nei pazienti che hanno scelto la crioablazione come terapia principale o nei pazienti in cui è fallita la radioterapia (24), (27);
La nostra esperienza ancora ha rivelato molti altri aspetti della tecnica come ad esempio:
- La crioterapia emostatica come un approccio palliativo per il cancro alla prostata localmente avanzato potrebbe rappresentare un'opzione di trattamento valida e più si dovrebbe considerare il suo utilizzo (18);
- la tecnica ha notevole efficacia nel ridurre i sintomi di difficoltà minzionale in prostate grandi ed ostruenti;
- Abbiamo esperienze che risalgono oramai a oltre 20 anni di seguimento. Queste esperienze confermano la buona accettabilità da parte dei pazienti e l’alta efficacia terapeutica. Il basso impatto che la tecnica presenta sul paziente e la potenziale preservazione della ghiandola e delle relative funzionalità rendono la crioablazione il principale metodo scelto in numerosi centri medici in tutto il mondo.